Negli ultimi tempi il Comune di Brescia si è più volte espresso sugli intenti dell’amministrazione circa il futuro dell’area delle cave poste ad Est della città.
In particolare il Comune di Brescia, con la recente variante generale al PGT, ha stabilito che la zona relativa alle escavazioni dismesse nell’area di San Polo debba essere trasformata dal punto di vista urbanistico, al fine di dare luogo e vita ad un Parco di carattere ricreativo, ma anche di valore naturalistico, denominato “Parco delle Cave”. Detto parco ha un’ estensione di circa quattro milioni di metri quadrati, e ricomprende diversi ex ambiti estrattivi tra i quali l’ATE19, ATE20, ATE23, ATE24, e altri luoghi già soggetti ad escavazione, quali ad esempio, la EX Cava Piccinelli, la EX Cava Pasotti, oltre ad altre zone adibite per lungo tempo ad utilizzazione di carattere produttivo e industriale, quali ad esempio una ex cava, poi adibita a sito per discarica di materiali contenenti amianto lungo la Via Brocchi. Il progetto generale del Parco si propone di acquisire tali aree alla disponibilità, se non addirittura alla proprietà, del Comune di Brescia, attrezzandole per una fruizione pubblica di carattere misto. Saranno previste attività di svago e ricreative, nonché attività sportive, ma anche zone ad alto carattere naturalistico, per il ripopolamento delle stesse e la conservazione di flora e fauna tipiche del territorio o della fauna migratoria frequentante, in modo occasionale, quello stesso territorio. Trattandosi di un territorio che è stato per lungo tempo oggetto di escavazioni per la presenza di sabbia e ghiaia nel sottosuolo, l’attività che maggiormente vi si dovrà svolgere sarà quella del recupero o conversione delle cave cessate e delle attività industriali dannose; al fine di creare un territorio liberamente fruibile dalla cittadinanza per svago e di socialità, con alcune aree di particolare protezione per rilevanza e interesse naturalistico.
Dunque nella necessaria rinaturalizzazione delle cave cessate, la salvaguardia di flora e fauna, il rispetto della rete ecologica, l’azzeramento del consumo del suolo, anche al fine del miglioramento della qualità dell’aria, la tutela della falda acquifera, dovranno essere principi fondanti e parametri di riferimento per qualsiasi progetto di parco, ma anche per qualsiasi nuova attività umana che si svolge nell’area o nelle sue immediate vicinanze.
Si ricorda che, secondo le linee guida per il recupero delle cave nel territorio lombardo, in aggiornamento del Piano paesaggistico regionale (PPR- PTR) previsto dalla delibera di Giunta regionale n. 495 del 27.07.2013, si considera prioritaria la scelta del piano naturalistico per le cave cessate e si indicano le cessioni contestuali di compensazione ecologico-ambientale, nel caso si scelgano destinazioni a fini pubblici, con impianti di interesse collettivo. Ciò sta a significare che, per tutte le zone che prevederanno una assidua frequentazione da parte della cittadinanza e che saranno dedicate a una fruizione generalizzata, si dovranno prevedere altrettante zone, con una protezione maggiore, dedicate alle emergenze naturalistiche riguardanti la flora e la fauna esistenti. Per tale motivo, le predette linee guida, dispongono che il recupero debba rendere disponibili e nuovamente permeabili alla vita della città nuovi spazi aperti, nei quali deve cessare o essere interdetta ogni futura edificazione, affinché possano svolgere il ruolo di nuova infrastruttura verde per la città. L’opzione di recupero preferibile, in alternativa rispetto alla densità edilizia, è dunque la naturalità. Le cave possono divenire spazi urbani con funzioni di servizio, connessi agli spazi verdi esistenti, ma trasformandoli in zone dove venga tutelata la biodiversità e la possibilità di insediare diversi tipi di associazioni vegetali; ad esempio anche in relazione alla profondità delle acque esistenti. Ma allo stesso tempo vanno prese in considerazione anche opzioni di utilizzazione mista per cui, in aree molto vaste come quella in esame, ci sia una netta separazione tra le funzioni di carattere ricreativo e quelle di carattere naturalistico; creando, nell’ambito circostante, delle zone cuscinetto per proteggere le zone naturalizzate. Per tale motivo, le vie di accesso dovranno consentire una fruizione adeguata, consistente in piste ciclopedonali, punti di sosta, punti di didattica ambientale, capanni di osservazioni, con pubblicazione cartellonistica non invasiva. Per conseguire tali scopi, si dovrà creare una Commissione che possa formulare un progetto naturalistico del Parco utilizzando tecnici paesaggistici, agronomi e geologi (probabilmente anche naturalisti e biologi) prima della predisposizione del piano di recupero. Nel caso del Parco delle Cave l’area, soprattutto nella sua porzione orientale, ha potenzialità per connettersi con la zona vincolata del Parco delle Colline sul Monte Maddalena, e corridoi che colleghino il territorio di altri comuni, Rezzato e Castenedolo, per creare una continuità nel sistema ambientale, che connetta il costituendo Parco delle Cave, con gli ambiti collinari retrostanti la città, e le zone di pianura contigue.
Si ricorda che nel progetto di recupero si dovrà tener presente che recenti indagini e censimenti naturalistici hanno testimoniato la presenza di numerosissime specie di uccelli, di cui nove con priorità di conservazione, di certo protette dalla “Direttiva uccelli” n.09/47. (si veda allegato n. 1 – Valore faunistico delle Cave nel Comune di Brescia ) È pertanto indispensabile che, per tutti gli ambiti estrattivi, sia effettuata una mappatura che permetta di definire le caratteristiche e le qualità del territorio, per poter operare scelte oculate e basate su informazioni precise e concrete.
Ciò implica necessariamente un’analisi dello stato di fatto dell’area in due periodi distinti: uno è lo stato attuale, Marzo 2017 e l’altro è il periodo di cessazione dei lavori di escavazione, circa nel 2014/2015. In questo lasso di tempo i cavatori hanno già iniziato i lavori di “ripristino” delle cave per riportare il terreno al piano di campagna. E proprio da questi lavori nasce la gravissima situazione in cui ci troviamo. Infatti, per “ripristinare” il territorio scavato, si è fatta piazza pulita di quasi tutta la vegetazione presente, si sono prosciugate aree di pregio precedentemente allagate e si è distrutta la quasi totalità degli habitat presenti alla cessazione dei lavori. Tutto ciò è dipeso dal fatto che nelle trattative con i cavatori il Comune ha lasciato loro ampia libertà nell’attività di ripristino, senza indicare criteri e linee guida operative. La preoccupazione di compiere operazioni “a Costo Zero” rischia di creare situazioni di spreco di risorse e maggiori oneri futuri a carico della collettività. Purtroppo ormai, si sono molto ridotti gli ambiti da salvare questo non significa affatto che, ormai, la zona sia perduta; infatti dopo decenni di escavazioni, molte aree erano state lasciate all’evoluzione spontanea e naturale, permettendo la formazione di habitat ricchi di vita, a quel punto bastava solo rimuovere i manufatti, i macchinari e i rifiuti. Ora, in molte zone, bisognerà ricreare tutto daccapo, con enorme dispendio di denaro pubblico ed energie. Ovviamente la natura, nel giro di qualche anno, potrebbe ricreare gli ecosistemi perduti, nelle zone umide la risposta dell’ambiente è particolarmente veloce. Invece, per gli esemplari arborei di grandi dimensioni abbattuti, ci vorranno almeno 20 anni. La rinaturalizzazione potrà accadere solo se verranno finalmente tenute in considerazione le Indicazioni di esperti di fauna, ovvero biologi e naturalisti specializzati in recuperi ambientali a scopo naturalistico. E’ necessario inoltre chiarire che, per poter ottenere una efficace salvaguardia di flora e fauna e il rispetto della rete ecologica, sarà necessario prevedere aree del tutto distinte da quelle preposte alla fruizione del pubblico, quali parchi urbani, piste ciclabili, aree pic-nic, vasche con pesca sportiva, canottaggio e simili. La fauna selvatica, in modo particolare, necessita di zone tranquille e poco frequentate, dove, al massimo, siano presenti capanni di avvistamento schermati e posizionati a distanze adeguate rispetto ai visitatori. La frequentazione umana di queste aree dovrà essere semplicemente più discreta e regolamentata rispetto ad altre aree.
Di seguito riportiamo un’analisi comparata dei dati di quell’indagine con quelli più recenti relativi alle singole cave
sito | situazione naturalistica 2014 | situazione naturalistica 2017 |
FAUSTINI NORD | VALORE ALTO: 35/58 SPECIE SVERNANTI E 32/40 SPECIE NIDIFICANTI | HABITAT GRAVEMENTE DETERIORATO SCARSA PRESENZA ANIMALI |
TREBUCCHI | COME SOPRA | ? |
LAGO FIPSAS | COME SOPRA | PROBABILMENTE INALTERATO |
PASOTTI | COME SOPRA | NONOSTANTE TAGLI AL SOTTOBOSCO E PARTE DEL BOSCO HA ANCORA UN BUON POTENZIALE |
NUOVA BETON SUD | COME SOPRA | ANCORA BUON POTENZIALE FAUNISTICO |
SVINCOLO A4 | COME SOPRA | ANCORA INTEGRO |
TAGLIETTI REZZOLA | COME SOPRA | GRAVEMENTE DANNEGGIATO MA ANCORA RECUPERABILE |
NUOVA BETON NORD | VALORE BUONO: 25/36 SPECIE SVERNANTI E 16/24 SPECIE NIDIFICANTI | MOLTO COMPROMESSA SCARSA PRESENZA ANIMALI |
FAUSTINI SUD | VALORE MEDIO SCARSI NIDIFICANTI 13/24 SVERNANTI | MOLTO COMPROMESSA SCARSA PRESENZA ANIMALI |
Una menzione speciale va alla Cava Castella, nel Comune di Rezzato. Questa cava era probabilmente quella con le più interessanti presenze faunistiche, purtroppo attualmente è stata prosciugata e il canneto quasi interamente distrutto. Scongiurato, per ora, il pericolo che la cava sia convertita in un’enorme discarica, essa è ancora recuperabile senza troppa spesa, poiché sarebbe sufficiente riportare l’acqua e ripristinare gli argini. Mettendo in sicurezza la zona ed eliminando tutti i macchinari, la cava potrebbe diventare il fiore all’occhiello di un futuro PLIS delle Cave, dal punto di vista naturalistico. Ovviamente, il progetto di realizzazione di un nuovo bitumificio nei prati aridi adiacenti ne renderebbe vano qualsiasi sforzo di valorizzazione. Per inciso, i prati aridi (futuro bitumificio) tra questa cava e la Pasotti ospitavano uccelli nidificanti come l’averla piccola, la cappellaccia, il gruccione e la calandrella protetti dalla direttiva habitat e anche specie di interesse floristico come, ad esempio, il fiordaliso.
In definitiva i principi espressi dalle Direttive Regionali (si veda allegato n. 2 – Esame della situazione alla luce della deliberazione Giunta Regionale) sono i seguenti:
1- Le aree naturalistiche NON devono essere a stretto contatto con realtà ricreative, sportive, nautiche o, molto peggio, realtà abitative e/o commerciali e/o industriali, come il progettato bitumificio, pena il fallimento dello scopo del progetto stesso: far tornare la fauna selvatica che si vuole proteggere e, in ultima analisi, creare una efficace rete ecologica.
2- Non si può fare a meno della figura dello zoologo e del botanico
3- Sono necessari monitoraggi ambientali eseguiti da specialisti botanici e faunistici per tenere sotto controllo l’area ed effettuare eventuali aggiustamenti nel progetto.
4- Esiste un progetto, pubblicato sul sito del Comune di Brescia e firmato dal tecnico Massimo Franzani e dall’allora responsabile di settore Dott. Benedetto Rebecchi, che teneva conto delle indicazioni di questa direttiva. (si veda allegato n. 3 – Schemi progettuali di realizzazione del Parco del Cave, schede. Visualizzabile sul sito del Comune)
Concludendo, senza una pianificazione del territorio, che ovviamente dipenderà dalla individuazione delle aree disponibili e dai tempi di acquisizione delle disponibilità, non sarà possibile dare luogo ad una seria ipotesi di parco, almeno parzialmente naturalistico. Occorre, sulla scorta delle indicazioni ampiamente presenti in questo documento, procedere all’aggiornamento degli studi, sospendere ogni attività antropica allo stato presente, pianificare le azioni necessarie per raggiungere seriamente e concretamente l’obiettivo di un Parco che non sia solo un simulacro o, peggio, un fatto cartaceo, ma che possa modificare concretamente quel martoriato territorio.